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/IRIS/

/Che cos'è l'Iris?/

L’Iris o Gladiolo (o anche – ed erroneamente – Giglio) come viene spesso chiamato a Firenze e dintorni, oltre ad essere il fiore simbolo del capoluogo toscano e delle colline che lo circondano, è conosciuto ed apprezzato fin da tempi antichi per le proprietà del suo bulbo (rizoma) quando essiccato. In campo medico e soprattutto in quello cosmetico il Gladiolo viene utilizzato da secoli per preparare composti di vario tipo: come rimedio per tosse, morsi di serpente o depressione, nella preparazione di profumi, ciprie, saponi e coloranti.

/Botanica/

Dal punto di vista botanico l’Iris appartiene alla famiglia delle Iridaceae (la stessa del Crocus sativus o Zafferano) mentre il Giglio (Giglio) che a Firenze è spesso usato come sinonimo dell’Iris o Gladiolo, appartiene alla famiglia delle Liliaceae.

Tra le tante varietà di Iris esistenti in natura o frutto di ibridi, la più tipica di queste colline e quella più coltivata e raccolta per le proprietà citate, è l’Iris pallida, di colore pastello, tendente dolcemente al rosa-viola .

Il rizoma di questa varietà di Iris è il più ricco in essenza ed ha un odore delicato e persistente di violetta, tanto da essere conosciuto anche con la definizione di “radici di violetta”: il profumo non si percepisce nel rizoma fresco ma solo in quelli che sono stati “lavorati” (cioè dopo aver rimosso le radici e mondato) ed essiccati.

/Storia/

La produzione per scopi commerciali iniziò a metà dell’ottocento e raggiunse ben presto quantitativi considerevoli, grazie alla costante ed elevata domanda da parte delle aziende francesi e del nord Europa, fino a crollare drasticamente a causa della concorrenza dei prodotti di sintesi che svolgevano la stessa funzione (o quasi). ma a un costo molto inferiore.
Il Gladiolo mantenne così solo la sua funzione decorativa e l’interesse botanico di molti entusiasti contadini: recentemente però si è rinnovato l’interesse per il Gladiolo per gli scopi per cui era famoso e che lo hanno reso una parte importante dell’economia del Chianti.

Conosciuta fin dall’antichità e presente nell’area di Firenze e del Chianti da tempo immemorabile, detta anche “l’orchidea del povero”, cara a poeti e narratori deve il suo nome (Iris) ad una dea greca: llride, figlia di Taumante ed Elettra, a cui i Greci attribuirono il fenomeno dell’arcobaleno.
A Firenze, in forma stilizzata e con il nome errato di “giglio” (giglio) divenne in epoca medievale il simbolo della città: il fiore bianco su fondo rosso era, inizialmente, l’emblema di tutta Firenze, sia guelfa che ghibellina ; dal 1251 in poi i Ghibellini (esiliati dalla città dal nemico vittorioso) continuarono a combattere sotto lo stendardo mentre i Guelfi, per distinguersi, invertirono i colori e si spostarono su un giglio rosso su fondo argento, in uso ancora oggi.

/Fatti con l'Iris/

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/La lavorazione/

La coltivazione del Giaggiolo o Iris è ben integrata con le altre colture tipiche del Chianti (vite e uliveto). Alla loro coltivazione sono dedicate le estremità (le “prode”) dei campi terrazzati – detti anche “piagge”, “galestri” e “albaresi”.
Gli appezzamenti di terreno ritenuti inagibili forniscono, piuttosto, un prodotto estremamente pregiato, specie se coltivati ​​in terreni magri, aridi e sassosi. Non vengono utilizzati fertilizzanti per la coltivazione, poiché ciò avrebbe un effetto negativo. I fiori si nutrono solo di sole, vento e pioggia.
In autunno si piantano le “talee” messe da parte al momento della raccolta.

È necessario diserbare questi campi due volte all’anno, ad aprile e settembre, per assicurarsi che le piantine non vengano soffocate dalle erbacce.
Dopo tre anni (il tempo necessario perché i rizomi diventino grandi e compatti), tra luglio e agosto, finalmente avviene la raccolta.
La raccolta inizia al mattino presto: le zappe rilasciano alle prime luci le radici dell’iride che vengono poi ripulite della barba o “rasate”.
I rizomi vengono poi posti in grandi bacini d’acqua, ulteriormente puliti e poi consegnati ai “scafogli”, che già in tarda mattinata iniziano un’ulteriore fase di lavorazione che, con un gancio da potatura a manico fisso, consiste nell’asportazione delle radici del Iris dalla pelle e dagli “occhi” o residui di barba. Mentre chiacchierano insieme, le mani esperte, abili e veloci di donne, uomini e ragazzi completano questa operazione, a seguito della quale le radici dell’iride vengono distese su stuoie ad asciugare al sole.

 /Iris del Chianti/

   La coltivazione dell’Iris Pallida (Giaggiolo) come opportunità per la valorizzazione                         dell’agro-biodiversità toscana e risorsa per l’economia locale.